Claudio Caputi

Da bambino vedevo mio padre fotografare con una Kodak a soffietto 6x9.
Da adolescente l'incontro,quasi casuale,di una Voigtlander VitoC e, da quel momento "mitica",fu compagna inseparabile ,per molti anni, in tutti i miei viaggi. Gli scatti di quegli anni in diapositiva e bianco-nero con la scoperta della camera oscura e, con essa, della sorprendente possibilità della rigenerazione di foto anche insignificanti con "tagli" mirati ed adeguate reinquadrature.
Il primo "riconoscimento" ufficiale nel '71 (6°concorso intern. "Ippocampo d'oro"). Poi altre macchine..... sino alla "digitale"che,semplificando tutto,
invita a scatti numerosi e spesso gratuiti. Ma io resisto ancora alla tentazione, per non tradire quella "sacralità"che possiede ogni fotografia nel fissare,per sempre, attimi di realtà emotivamente intensi e significativamente espressivi, nella migliore cornice formale.Fotografare è, per me, "fermare", in una immagine unica ed irripetibile, ciò che ho visto o, meglio, ciò che "ho voluto" vedere;nella ricerca di trasformare un atto solamente replicativo in un momento espressivamente creativo.
Ho alternato periodi di forte entusiasmo e felice ispirazione,con un "fotografare" quasi compulsivo, ad altri,anche lunghi, di "sonno".
Attualmente penso di aver raggiunto un "maturo"equilibrio.